All’origine (2003), questi Panneggi-Stracci-Personaggi, nascevano anche con l’idea di conferire alla sfoglia di argilla il senso di un cibo fresco, croccante, morbido, in quel momento stavo realizzando anche Gelato sempre in ceramica.
Cercando di sfruttare le potenzialità dell’argilla di essere materia animante, che può generare anime, è stato naturale ritrovare nelle pieghe e in un determinato loro movimento, misteriose forme che possono richiamare caratteri umani, oppure giocattoli con rimandi a maschere o idoli o con echi mitologici.
Nel movimento del lembo di argilla c’è come l’idea dì fermare le forze di qualcosa, catturare, attraverso le pieghe, un carattere, un’espressione, è soprattutto questo a renderli personaggi, oltre al fatto che c’è una parte che fa da testa e un’altra da corpo.
Da una parte sono espressioni di un carattere, dall’altra, proprio anche in quanto espressioni di un carattere, entità singolari, un po’misteriose, a volte con un senso di maschera come le divinità africane o dei primitivi, atte a captare le forze della vita e della morte, captare e mantenere un contatto con l’invisibile.
A proposito del panneggio: il panneggio ha sempre avuto a che fare con il corpo, il nudo, esso è il lenzuolo che si pone in continuità e in dialogo con il corpo. Ma è anche, nella storia dell’arte, dinamica di luce e forze, elemento di congruenza tra pieno, vuoto, aria. Il panneggio può arrivare a sostituire il corpo stesso, mantenendone la presenza (vedi lo Spirato, di Luciano Fabro, 1968-73).
Le pieghe delle vesti, nella storia dell’arte, hanno sempre avuto un ruolo determinante perché rivelatore di un valore di forza e profondità, oppure, al contrario, semplicemente effetto formale.
Tradurre l’azione di un panneggio in qualcosa che sia il contrario di un effetto formale, questa è anche stata la sfida e la cartina tornasole. In qualche modo, questi personaggi, attraverso il movimento delle loro pieghe, sembrano avere una voce, una sonorità.
L’espressione della figura umana, qui, non sta nel plasmare un corpo con gambe, braccia, volto, ma nel movimento delle pieghe stesse che arriva a generare un carattere. Infatti i titoli individuano indoli umane: lo Sbadato, il Timido, il Vanitoso, il Sognatore, eccetera, a volte con richiami mitologici o magici: Glauce, Galatea, Silenzioso illuminato dalla luna, Sciamano.
Afferma Josif Brodskij: “L’arte per me riguarda un’esistenza alternativa, genera esistenze alternative, è un tentativo di animare la realtà” e questi panneggi di argilla costituiscono questo tentativo. C’è anche “l’impulso a salvare certe cose del proprio mondo, della propria civiltà personale, della propria continuità non-semantica”.
Nel pane di argilla, che inizio ad usare con gli Imenei (1992) e Sole (1993), poi con i Pesi (1994), vi è connaturata una potenzialità plastica e sensuale, un’idea di fisicità e primarietà. Questo senso è da me con forza ribadito all’inizio degli anni ‘90, in contrapposizione a una direzione che andava prendendo il sopravvento, quando, con la decisiva svolta mediatica, ritornava ad annullarsi l’idea dell’autonomia dell’arte che presuppone l’opera come corpo fisico e teorico autosufficiente, per l’imposizione, di nuovo, di un’idea dell’arte come attività di confezionamento di tematiche sociali, antropologiche, ecologiche, eccetera.